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David Cosandey
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The Secret of the West
Cosandey
Italian Senator Luciano Lorenzi quoting my two books, on 18 Jul 00, in a debate about the reform of the European Union (shortcut). To be found at the Italian Senate Archives. Safety copy Oct 00.

A Quote of Le Secret de l'Occident and L'Europe et la Science
at a debate about European Union reforms at the Italian Senate

(...)

PRESIDENTE. Comunico all'Assemblea che la replica del Presidente del Consiglio avrà luogo nella seduta odierna.

È iscritto a parlare il senatore Lorenzi. Ne ha facoltà.

LORENZI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, che benevolmente assistete a questa fase della discussione, intendo innanzi tutto ringraziare il Presidente del Consiglio per lo stimolante discorso di stamane: un intervento che ha avuto, indubbiamente, lo scopo di innescare e introdurre nei senatori gli elementi necessari per approfondire e rendere possibile un contributo a questo enorme problema che è davanti a tutti noi in maniera ormai chiara.

La parola chiave che ha usato il professor Amato è stata naturalmente «allargamento». Di fronte a ciò, dobbiamo tutti prendere coscienza della necessità di affrontare in termini di architettura globale il problema dell'Europa, così come quelli dell'Italia federale e di tutte le altre strutture federali (federazioni, confederazioni, che dir si voglia). Non è pensabile infatti procedere in modo completamente indipendente senza causare non solo reazioni ma anche un processo che può, in qualche modo, provocare condizionamenti reciproci.

Vorrei richiamare, come primo esempio, alcune difficoltà che, in questo momento, sono ben presenti nell'attuale Europa o nelle sue immediate vicinanze. La settimana scorsa mi trovavo a Friburgo dove ho incontrato alcuni professori dell'Associazione Euroscience, che si riuniva per l'assemblea biennale. In quella occasione, un professore dell'Ucraina mi ha riferito che i professori universitari a Kiev percepiscono uno stipendio di 50 dollari al mese. È chiaro che con quello stipendio (quindi in un rapporto di uno a trenta, uno a quaranta rispetto agli altri Paesi dell'Unione) qualche problemino certamente esiste; e la situazione dei Paesi un po' più ad Ovest non è certamente molto diversa.

Vorrei ora richiamare un secondo esempio, con il quale ho avuto modo di confrontarmi proprio in queste ore: la Russia. Anni fa il Consiglio d'Europa ha svolto un grande dibattito sull'opportunità di estendere al Consiglio stesso la partecipazione alla Federazione russa. In quella occasione sono emerse alcune difficoltà e il dibattito si è prolungato; alla fine, acquisito anche un consenso che è andato al di là dei confini europei, si è addivenuti al voto di assenso alla partecipazione della Federazione russa nel Consiglio d'Europa.

Naturalmente la pregiudiziale era allora costituita dalla tragedia della Cecenia, che purtroppo è in atto anche attualmente. In base a dati ufficiali risulta che sono deceduti migliaia di militari russi e anche tanti altri ceceni, anche se in questo caso non disponiamo di cifre esatte ma possiamo immaginarle. Si tratta di un dato inequivocabile, che non possiamo far finta di ignorare e che rappresenta un tipo di realtà, nell'Europa allargata, sulla quale alcuni di noi si scontrano.

Signor Presidente, mi ritengo praticamente indipendente in questo Parlamento, vorrei tuttavia in questo momento spezzare una lancia a favore di un partito, che si trova in difficoltà, con il quale però non ho personalmente nulla a che vedere; mi riferisco al Partito radicale transnazionale che, in questi giorni, è preoccupatissimo di essere estromesso dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), su richiesta esplicita della Federazione russa. Il 23 giugno, infatti, un comitato delle organizzazioni non governative delle Nazioni Unite, però con forti riserve di alcuni membri, ha proposto la sospensione per tre anni dello status consultivo del Partito radicale transnazionale, perché in relazione alla Cecenia è stato accusato di aver avuto delle aperture nei riguardi del signor Ahyad Idigov, giudicato dalle autorità russe appartenente a una organizzazione terroristica.

Chiaramente, il Partito radicale transnazionale si difende affermando che queste sono calunnie e diffamazioni. Il Partito, inoltre, viene anche accusato di essere finanziato dalle organizzazioni del narcotraffico e tutto ciò, ovviamente, rappresenta un caso emblematico e che assume un significato piuttosto importante.

Voglio leggere brevemente il testo della richiesta: «rivolgiamo qui un pressante appello al Presidente e ai membri dell'ECOSOC e dell'ONU affinché ribadiscano con forza e in linea con la Carta delle Nazioni Unite e con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo la piena libertà di espressione delle organizzazioni non governative e, di conseguenza, respingano la decisione di sospendere per tre anni la partecipazione del Partito radicale transnazionale dai lavori delle Nazioni Unite».

Al di là di qualsiasi considerazione di merito, politica, di parte o meno, credo che il tema della democrazia e della libertà che caratterizza la realtà europea nelle sue varie espressioni debba essere tutelato in pieno, adottando un'iniziativa capace di dare voce a questi valori.

Ebbene, dobbiamo affrontare problemi di altro genere relativi all'architettura globale dell'Europa. Ringrazio i colleghi che hanno espresso suggerimenti in merito all'alternativa tra federazione e confederazione. È necessario fare chiarezza: se ci si orienta verso una «unificazione stretta», la federazione sembra essere la soluzione più adeguata; se andiamo, invece, verso un allargamento più flessibile e aperto, capace di salvaguardare le sovranità, per quanto ridefinite, chiaramente si deve accogliere la soluzione della confederazione.

Sempre con riferimento all'Associazione Euroscience, cui ho accennato prima, esistono settori in cui il modello europeo sta già avendo in qualche modo una sua eco indiscutibile. Mi riferisco in particolare al settore scientifico e a tal proposito, signor Presidente, mi è piaciuto definire tale Associazione «il partito della scienza». Forse è il caso che questa volta si sollevi un'alzata di scudi della cultura con la «c» maiuscola nel mondo del 2000, in modo tale che la promozione non rimanga semplicemente tale ma diventi anche una presa d'atto e di coscienza delle forze culturali reali che nel mondo forniscono un contributo al progresso e alla soluzione di molti problemi. Con queste affermazioni non intendo minimizzare assolutamente l'importanza di altri comparti. La cultura deve tornare ad essere unita e, soprattutto, senza confini. A questo punto, il tema di un'Europa che si allarga nel settore scientifico trova indubbiamente più facile considerazione.

Signor Presidente del Consiglio, ho voluto accennare a questi argomenti per fornire a lei uno spunto, dal momento che alcune considerazioni in merito investono l'Europa. Ad esempio, dobbiamo prendere atto del fatto che l'Europa ha un ruolo relativamente eccezionale nella scena globale, dobbiamo riconoscere che le scienze che oggi dominano il mondo moderno si sono sviluppate nella civiltà occidentale europea e non in altre parti del mondo, come nei Paesi arabi, nelle Indie o in Cina. Per quale motivo la scienza moderna si è sviluppata in Europa?

C'è una ipotesi che mi sembra molto più di una teoria; è un qualcosa di suffragato, sta emergendo ed è condensato in un libriccino brevissimo titolato: «L'Europe et la science» di David Cosandey, estratto di un volume assai più corposo titolato: «Le Secret de l'Occident». Ebbene, la tesi contenuta in questo scritto, piuttosto interessante e originale è che lo sviluppo tecnologico e scientifico ha avuto luogo in Europa perché lì vi è stata stabile divisione politica. Tale divisione è stata fonte di una competizione (purtroppo anche di guerre) che in qualche modo ha incentivato le capacità intellettuali più spinte dell'inventiva e, quindi, ha prodotto il miracolo del boom scientifico-tecnologico in Europa.

Mi piace fare questo riferimento perché esso si può trasporre ad un'altra area, assai più ristretta: l'Italia. Si dà il caso che il grande sviluppo culturale che vi è stato in Europa sia avvenuto essenzialmente nell'Italia caratterizzata delle divisioni politiche stabili. Questo boom è il Rinascimento e si dà il caso che poco meno di mille anni faa l'Italia avesse la struttur che ben conosciamo, proveniente dalle divisioni feudali; la struttura delle città marinare, poi degli staterelli, che è stata fino al secolo scorso la realtà politica dell'Italia.

Ecco cosa ha innescato tanto progresso. Se tanto mi dà tanto, forse sarà bene fare attenzione a calcare la mano sulle unificazioni forzate, capaci di omogeneizzare e di cancellare qualsiasi possibilità di confronto, o di mitigarle, certo, sembra al fine di assicurare la pace universale. Questa può benissimo essere assicurata senza bisogno di arrivare a tanto. Si può competere senza arrivare alla guerra, vi sono tanti altri terreni per farlo (le scienze, come dicevo prima, sono uno, il comparto economico un altro), tanti altri settori dove si può svolgere la competizione.

Questo è il punto che ho voluto portare alla sua attenzione, signor Presidente del Consiglio, dato che lei recentemente (mi aggancio alle sue dichiarazioni ufficiali) ha annunciato una grossa apertura, che ha prodotto uno scoop. D'altronde ormai la politica è fatta solo di scoop, tutto il resto non conta. Lei è un professore e dà il giusto valore alle cose, tuttavia il palcoscenico della politica è troppo importante per il consenso ed allora si va avanti così. Tuttavia ci può essere valore anche nelle esternazioni mass-mediali di grande respiro. Lei ha dato grande peso e valore al termine devolution; ha detto: in Italia dobbiamo fare la devolution.

Ritengo questa un'esternazione abbastanza sbagliata nel momento in cui, forse per la prima volta, vi è realisticamente la possibilità di istituire un'Assemblea costituente. Invece no, diamo una piccola concessione, dal centro andiamo verso la periferia, facciamo qualche rinuncia, cediamo qualche pezzetto di sovranità, ma non troppi e soprattutto non troppo definiti. Questo si intuisce. Vi è la necessità di una nuova Costituente; può benissimo darsi che non la si voglia fare però non si osa dirlo: noi non vogliamo la Costituente perché non vogliamo cedere pezzi di sovranità in modo chiaro. Non la si vuole, ed allora si corre ai ripari con queste evoluzioni.

Siamo arrivati a questo punto; abbiamo la grande opportunità di eleggere, la prossima primavera, insieme al Parlamento una Costituente, che potrebbe anche essere un po' annacquata, pazienza, l'importante però sarebbe istituirla in modo da affidarle il mandato della revisione della Carta costituzionale.

Perché le dico questo, signor Presidente del Consiglio, nel contesto della discussione sull'Europa? Perché chiaramente tutti i problemi sono collegati; non si può pensare di riformare un Paese, o più Paesi messi insieme, senza avere ancora risolto il problema della grande riforma federale italiana.

È chiaro che i problemi sono tutti collegati. Ci deve essere una chiara coscienza della complessità della struttura.

Volevo proporle un suggerimento: invece di ricorrere al termine devolution, se proprio lo vuole usare (tanto per fare un po' di humour, se me lo consente; lo so che l'ambiente è serio e non si dovrebbe, però ci provo lo stesso), ho provato a pensare al termine «fevolution», perché ricorda il federalismo, evoluzione verso il federale attraverso le strutture federali che si possono produrre? Quindi «fevolution» come processo bottom-up, anziché devolution che è un processo top-down, per usare termini che ci rimandano agli insegnamenti universitari informatici di tanti anni fa.

Nel discorso globale, per il nostro Paese e per l'Europa è importante prendere coscienza della necessità di partire con le carte in piena regola, attraverso un processo di revisione costituzionale capace di immetterci in quello più grande ed importante dell'Europa. Per fare ciò è chiaro che dobbiamo decidere come entrare in questo processo.

Parliamo sempre di Nazioni Unite, ma sappiamo bene che il tempo delle nazioni nel senso risorgimentale del termine è finito; ormai il concetto di federazione al posto di nazione indubbiamente rende molto più l'idea. L'esempio delle repubbliche federali, come ce ne sono tante, induce a pensare a federazioni. È questo l'auspicio che può essere portato avanti per l'Italia.

In conclusione (effettivamente il mio intervento è stato lungo e non voglio esagerare), credo si dovrebbe prendere atto che dobbiamo assolutamente realizzare questa Europa, con una struttura definita ma aperta, che in qualche modo sia in linea con le strutture delle altre federazioni che vi partecipano. È stato anche detto nelle settimane e nei mesi passati che l'Europa è qualcosa di diverso: non è da considerare come un'unione, come una potenza; l'Europa è un'idea e come tale non può essere esclusiva.

Vorrei altresì ricordare che l'Europa è la vera patria degli attuali cittadini europei, ma anche di tutti quegli altri che in essa hanno le loro radici storiche, culturali ed affettive. Quindi, come tale, la costruzione europea che dovremo realizzare dovrà tener conto di tutto ciò in termini aperti e soprattutto capaci di mettere in atto un'architettura politica razionale ed utilizzabile dal meccanismo dinamico che si dovrà innescare.

Signor Presidente, credo che dobbiamo prendere atto di una difficoltà: oggi il Parlamento europeo è eletto in primo grado; noi abbiamo un Parlamento nazionale di primo grado. La confederazione, nella mia concezione, dovrebbe portare dei rappresentanti di secondo grado: un po' quello che avviene nel Consiglio d'Europa, dove i parlamentari sono nazionali e vengono eletti dai colleghi parlamentari.

Se non vogliamo amplificare al massimo le strutture (questo vale dai comuni, alle province, alle regioni, alle macroregioni, alle nazioni-federazioni), dobbiamo prendere atto che è sufficiente pensare a dei rappresentanti di primo grado e ad altri di secondo grado, che in qualche modo possano costituire un anello di congiunzione e contribuire all'economicità del sistema politico rappresentativo.

Il discorso è anche questo: la federazione ha rappresentanti di primo grado; la confederazione, secondo me, dovrebbe comportare rappresentanti di secondo grado. Quindi, di fronte all'attuale Parlamento europeo, ci potrebbero essere dei problemi nel momento in cui si dovesse decidere per un tipo o l'altro di struttura.

Certo, il problema è completamente aperto e stiamo provando a dare il nostro contributo; l'auspicio generale è che i rappresentanti del Governo italiano e dei Governi degli altri Paesi europei possano pervenire ad una soluzione foriera dei migliori risultati. Ringrazio per l'attenzione e per il tempo che mi è stato concesso.

(...)